Curate la cura

Razzismo, curate la cura

Gli italiani non sono diventati di colpo razzisti, siamo sempre stati un popolo tendenzialmente razzista.

I razzisti di oggi sono gli stessi di dieci, venti o trent’anni fa. L’unica differenza è che in passato c’era disagio, o pudore, nell’esternalizzare quest’indole tutt’altro che virtuosa. Oggi che il razzismo è stato banalizzato sono caduti tutti i freni inibitori.

Le invettive contro il diverso per provenienza, stato sociale, religione, sessualità sono diventate il rigurgito liberatorio di una indigestione troppo a lungo mascherata.

Prima o poi terminerà anche questa fase, gli italiani torneranno a vergognarsi di essere additati come razzisti pur restando, in cuor loro, tali. Questo accadrà quando i vettori della banalizzazione del razzismo cadranno di fronte alle priorità, alle contingenze, alle reali necessità di un popolo che non si accontenterà più del fumo sparso sui social.

Dai bisogni si ricicleranno le virtù accantonate e si accantoneranno le indigestioni oggi esternate ma gli italiani resteranno sempre razzisti ed il loro razzismo verrà, prima o poi, nuovamente rigurgitato nelle piazze, siano esse reali o virtuali.

È necessario anche smontare sin dall’inizio ogni ottimismo riguardo una futura inversione di tendenza o riguardo un potenziale recupero morale ed etico del nostro Paese da parte delle nuove generazioni.

Per guarire dal razzismo gli italiani avrebbero bisogno di una massiccia e costante dose di cultura. Un tempo il nostro Paese era ricchissimo di questa preziosissima materia prima ma tanti anni di saccheggi e mancati investimenti ci hanno reso inconsapevolmente poveri.

È bastato intervenire per tanti decenni sulla scuola depredandola delle sue qualità e della sua conseguente capacità di creare quello spirito critico necessario per crescere e migliorare. Dopo aver alimentato almeno due generazioni a vacche grasse e pubblicità, il lungo digiuno ha atrofizzato il nostro spirito critico.

Senza un adeguato contrappeso, è stato fin troppo facile far passare gli “investimenti” sulla cultura come “spese” e, nell’era dei tagli, come spese superflue non più sostenibili. Al grido “con la cultura non si mangia”, i nuovi barbari hanno depredato quel poco che restava lasciando un deserto arido a cui nessuno presta lo sguardo.

Scuola, Università, Ricerca, Beni Culturali da pilastri della società sono diventati ornamenti di una bellezza che gli italiani non perseguono più. Cambiano i canoni e ciò che si perde presto si dimentica.

Idealmente resta uno slogan: “la Cultura nuoce gravemente ad ogni forma di razzismo”, di fatto viviamo in un Paese nel quale un sottosegretario ai beni culturali si vanta di non leggere libri da almeno tre anni. Se la cultura è l’antidoto ai razzismi, serve urgentemente una cura per curare la cura.

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