La fretta

La fila è sempre troppo lenta o troppo lunga

La Fretta

In pochi riescono davvero a rendersi conto di quanto sia difficile avere a che fare con tante persone, figuriamoci con tanti estranei. Mi presento, mi chiamo T. ho trentaquattro anni e da circa tre lavoro come cassiere in una azienda leader della grande distribuzione.

Non mi lamento del mio lavoro anche perché mi ha dato la possibilità di interagire con un numero elevatissimo di estranei. In questi anni ho conosciuto diverse tipologie di clienti ed ho imparato ad inquadrarli dal momento in cui poggiano la merce sul nastro trasportatore.

Per un mio passatempo personale ho creato 4 macro-categorie:

  1. La categoria della Creanza. Questa categoria si divide nelle due categorie più classiche relative ai clienti, l’educato (ti saluta per primo e non ti nega un sorriso) ed il maleducato (al tuo saluto risponde con una mimica facciale che sembra dire “ma chi ti conosce”).
  2. La categoria del Silenzio. Anche questa categoria è formata da due sub-categorie, il timido (al tuo saluto diventa rosso, respira affannosamente e non risponde perché letteralmente a corto di fiato e con un principio di paresi facciale che non gli permette di aprire le labbra) e l’impacciato (al tuo saluto entra in crisi, abbassa gli occhi, non sa se rispondere con un fare informale o formale, non sa se accompagnare il saluto con qualche frase di circostanza e, anche dopo aver pagato, si allontana con l’espressione di chi si immedesima perfettamente nella parte di Amleto).
  3. La categoria dell’Affetto. Si divide anch’essa in due sub-categorie, l’alienato che avrebbe bisogno di affetto (non ti guarda in faccia, dubito che sappia cosa stia comprando, ha occhi, pollice e cervello solo per il suo smartphone. I casi più critici sono quelli in astinenza da notifiche che rischiano di darti la tessera sanitaria piuttosto che la carta di credito) e l’alienato che vorrebbe donare affetto (dopo un “ciaooooo” lungo un chilometro ti abbraccerebbe se non ci fosse la cassa di mezzo, si sforza di leggere il tuo nome sulla targhetta che hai sul petto, lo pronuncia come se fosse un amico d’infanzia, ti riempie di coccole e complimenti. A volte ho la sensazione reale di essere scambiato per un peluche).
  4. La categoria della Fretta. Solitamente vi rientrano tutti quelli che non rientrano nelle tre precedenti categorie ed indubbiamente merita una descrizione più dettagliata.

Premetto che il mio pensiero è questo: se hai sempre fretta impara ad uscire dieci minuti prima, se non ci riesci allora vuol dire che sei tu la causa del tuo perenne ritardo.

Chi ha sempre fretta inizia ad accumulare il ritardo già nella scelta della cassa. Soppesa dettagliatamente il numero delle persone che formano le file, guarda i loro carrelli, divide la loro spesa tra pochi oggetti voluminosi che fanno perdere poco tempo e molti oggetti piccoli che fanno perdere tanto, troppo tempo. Nel frattempo fa le sue valutazioni, gli altri smaltiscono la fila, pagano e vanno al bar a prendersi un caffè.

Ma ritorniamo al nostro cliente, scelta la cassa, non appena si incolonna, il frettoloso comincia a battersi il petto in uno struggente mea culpa e si auto-accusa di aver scelto, come al solito, la cassa più lenta.

In uno stato ansioso sempre più crescente inizia a guardare l’orologio sulla parete, l’orologio che ha al polso, l’orologio del telefonino, cerca addirittura di scrutare gli orologi dei vicini di coda. Dopo circa trentadue secondi di coda la sua pazienza collassa e con pathos da attore consumato inizia a chiedere che alle sette casse aperte su otto si unisca anche l’ottava. Nel chiedere l’apertura di una nuova cassa cerca con lo sguardo l’approvazione dei suoi compagni di sventura, in particolare di quelli appostati nelle retrovie delle varie file. Ora qui si aprono due scenari: se il suo appello trova l’approvazione, anche timida, di qualche altro cliente, il nostro è capace di trasformarsi nel più focoso Masaniello che rivendica i diritti di tutti i poveretti costretti a subire l’attesa disumana delle file. Se, al contrario, il suo appello non trova nessun tipo di riscontro, il nostro è capace di coprirsi di indifferenza e spalancare gli occhi in segno di incredulità verso chi ha osato chiedere un’altra cassa con delle file così poco importanti.

Ma se hai un diavolo dentro è impossibile tenerlo imprigionato e così, in entrambi i casi, al secondo minuto di fila il cliente frettoloso inizia l’immancabile comparazione tra le diverse velocità dei cassieri. Il dito accusatore prima puntato su se stesso per aver scelto la fila sbagliata, poi puntato sull’azienda colpevole di non utilizzare tutto il potenziale delle casse, alla fine punta senza alcun tentennamento sull’unico vero colpevole, il cassiere… un cassiere in particolare, quello della sua fila.

Dopo aver attentamente osservato il cassiere, il cliente frettoloso stila una lista di tutte le sue azioni che rallentano lo scorrere naturale della fila. Parla troppo con i clienti, non mette mai il codice a barre nel verso giusto, non riesce mai ad aprire la busta al primo colpo, è lento a dare il resto ed il suo POS ha sempre problemi di rete. Una volta memorizzata bene la lista, inizia a recitarla come fosse un rosario, con un tono di voce greve ed abbastanza alto da essere perfettamente udibile da parte dei suoi vicini più prossimi.

Intanto il tempo passa irreparabilmente ed al terzo minuto di coda ed a soli due clienti dalla cassa, il frettoloso, frustrato anche dall’indifferenza e dall’insensibilità dei suoi colleghi di pena, si arrende e getta la spugna. Raccoglie tutto quello che ha messo sul nastro, torna sui suoi passi, ripone (non sempre a dire il vero) tutto negli appositi scaffali ed esce quasi correndo dall’uscita dedicata a chi è senza spesa. Nel frattempo i suoi vicini raggiungono il cassiere e, finalmente liberati dalle pedanti litanie, lo salutano cordialmente entrando di diritto nella categoria degli educati.

Tratto da: RacCorti, racconti brevi di Tony Mariotti

 

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