L’autostop degli appiedati

Altro che rancore, dagli appelli e dalle lettere della minoranza PD emerge forte la paura di restare a piedi.

Eppur si muove, disse Galileo Galilei non potendo negare ciò che non poteva essere negato. Così un democratico, un qualsiasi democratico, dovrebbe dire riguardo a questo PD targato Matteo Renzi. Può piacere o dar fastidio ma, nell’era Renzi, il Partito Democratico ha raddoppiato i suoi consensi, ha recuperato gli iscritti perduti e, cosa di vitale importanza per un partito politico, detta i tempi dell’agenda politica del paese essendo l’unica forza motrice di un governo che, piaccia o no, si muove, crea, distrugge e trasforma. Cuperlo e la minoranza del partito che si impegna a rappresentare, non possono certo lagnarsi di tutto questo, e di fatto non lo fanno, ma non si ingegnano a nascondere il malumore che provano a sentirsi trattati da “minoranza”. Diciamo, per semplificare, che, negli ultimi tempi, il loro invito somiglia ad un: -Vai Matteo, vai pure ma non correre, rallenta e fatti accompagnare, accetta il nostro aiuto-. La loro richiesta è di voler esserci, magari stretti, magari ai margini, tutto, anche ripristinare la terza classe, piuttosto che rischiare di restare a piedi nel loro deserto. Abituati ai ritmi dei predecessori di Renzi, questa minoranza vede sfrecciare il treno PD ad una velocità tale che per loro risulta impossibile saltarci sopra e godersi (e spartirsi) i successi che, tappa dopo tappa, vengono inanellati. Nessun rancore dunque negli appelli e nelle lettere di Bersani e Cuperlo ma solo un pollice timidamente alto. Un po’ per dire che questo PD potrebbe piacere anche a loro, un po’ per chiedere un passaggio, un “autostop”, per farsi accompagnare lì dove sarebbero voluti arrivare pur consapevoli di non aver mai avuto il mezzo per arrivarci.

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