Cultura, la ricchezza ripudiata

Questione Cultura

Cultura, sarà la miniera d’oro europea del nuovo millennio.

La cultura genera ricchezza, a saperlo non sono solo le pietre ma, ultimamente, anche gli assidui frequentatori delle cabine elettorali, dei social network e, dulcis in fundo, i maggiorenti della politica nazionale. Questi ultimi hanno infatti scoperto che nei piani alti della politica europea si parla sempre più assiduamente di cultura e di come questa possa diventare, gestita adeguatamente, una voce importante del PIL di ogni stato membro.

Siamo sinceri, che la cultura fosse determinante per le sorti, anche economiche, di uno stato lo si sapeva dai tempi di Platone, quello che stanno “riscoprendo” è che la cultura genera “fuffa” se non è gestita da chi ha le capacità e le competenze per gestirla. Insomma, si sono resi conto che per far emergere tutte le potenzialità di una Ferrari non bastava farla guidare dal ragazzino che aveva appena imparato a stare su un sellino di una bicicletta.

Una classica “scoperta dell’acqua calda” che rischia però di innescare una vera e propria rivoluzione copernicana soprattutto nella gestione dei beni culturali in molti paesi europei, in primis l’Italia. Dall’Europa sono disposti a far arrivare molti finanziamenti che passano nel vasto canale che investe la cultura e siccome a “rifiutare caval donato” pare insensato, soprattutto in tempi di magra, gli stati membri (in primis l’Italia l’ho già detto?) stanno invertendo la rotta ed hanno deciso di investire sulla competenza nella gestione degli ambiti culturali.

In soldoni significa: basta relegare alla gestione della cultura i soliti raccomandati ed amici di amici, come se fosse un grande divano dove, anche a fronte di una marcata incompetenza, far accomodare chi deve essere accomodato ad ogni costo.

Se rivoluzione deve essere, servirà anche l’aiuto degli utenti che devono smettere di accontentarsi di una gestione che offre i propri prodotti culturali come fossero merci in saldo in un grande magazzino.

Per risparmiare vi fareste fare un’angioplastica dal migliore dei meccanici in circolazione? Nell’era delle specializzazioni, non si capisce il perché a gestire la cultura debba essere chiamato quello che ha preso le stellette (quando le ha prese!) perché bravo o brava a fare tutt’altro. Se il “diamo a Cesare quel che è di Cesare” funziona da più di duemila anni ci sarà pure un motivo?

Nel frattempo si aprono le porte della città danese di Aarhus e della città cipriota di Pafos: le capitali europee della cultura 2017, estremo Nord ed estremo Sud dell’Europa. Da quelle parti hanno già capito l’importante correlazione tra gestione e competenze. Chissà se, entro il 2019, con Matera come capitale europea della cultura, anche la parte mediana dell’Europa avrà capito l’antifona?

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