Un competente al Museo

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Rivoluzione copernicana nella gestione dei più prestigiosi musei italiani.

Nel 1984 la Cina decise di diventare moderna ed il suo nuovo pragmatismo fu ben sintetizzato da Deng Xiaoping con il suo motto più famoso, “non importa di che colore sia il gatto, l’importante è che prenda il topo” che prese il posto del vecchio motto di Mao, “meglio rosso che esperto”.

Oggi, nel 2015, nell’ambito della gestione dei beni culturali, l’Italia decide di abbandonare il giogo di un sistema semi-feudale che la politica dei favori e dei nepotismi aveva imposto.

Finalmente un bando internazionale per la scelta di venti Direttori per i più prestigiosi Musei italiani. Dopo tanti solleciti ci adeguiamo al “metodo europeo” per la scelta dei Direttori dei Musei (e più in generale dei Beni Culturali), la competenza prevale sull’amicizia e sulle parentele.

La fine delle disastrose scelte politiche basate su favori da fare o da restituire rende l’Italia un po’ più europea e la gestione della cosa pubblica un po’ più trasparente.

Comprensibile la rabbia dei fanatici dell’incompetenza ad ogni costo, per loro si riducono le possibilità di lucrare a seguito di nomine immeritate e figlie di complicati intrecci di favori. A loro si uniscono gli ultra-nazionalisti colpiti da una vera e propria sclerosi culturale, meglio un incompetente ma italiano che uno competente ma straniero.

Dopo anni di proclami, l’Italia mostra di fare sul serio per la valorizzazione di risorse, fino ad oggi solo potenzialmente, capaci di cambiare radicalmente le sorti dell’intera economia nazionale.

Non devono spaventare i soliti bastian contrari, perché sia la quantità che la qualità degli stessi sono la miglior cassaforte di un cammino che non prevede catastrofiche inversioni di marcia.

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